Italiani bravi soldati. Con suole di cartapesta

Le responsabilità del fascismo,

che mandò al fronte un esercito impreparato

(Corrire della Sera, 5 gennaio 2003)

Questo saggio andrebbe consigliato ai rappresentanti della destra italiana che cercano di strumentalizzare il giusto recupero di alcune pagine dell'ultima guerra (come El Alamein e Cefalonia) non soltanto per richiamare l'amor patrio e la memoria dei caduti, ma per rinverdire, in maniera mistificatoria, un'epica guerresca delle origini. MacGregor Knox, docente di storia alla London School of Economics, già autore di importanti ricerche, documenta infatti impietosamente l'irresponsabilità del bellicismo fascista, diffuso a piena propaganda per vent'anni, specialmente se raffrontato alle condizioni nelle quali il regime mandò il Paese a combattere: un quadro d'impreparazione e inefficienza che rese inevitabile il disastro.
La costante carenza di acqua, cibo, carburante, munizioni, armi, automezzi. Un rancio con contenuto calorico inferiore a quello che veniva distribuito nelle trincee della prima guerra. Le scarpe con suole di cartapesta che si disintegravano sulla neve e sul fango. Sono esempi presi qua e là dall'umiliante aneddotica degli sconfitti, in gran parte risaputi ma destinati a sicuro effetto nello studio di un rigoroso osservatore neutrale, che spazia dall'arretratezza della nostra cultura militare alla desolante comparazione tra l'armamento italiano e l'arsenale nemico.
Già la situazione precedente al 1940 avrebbe dovuto dissuadere da qualsiasi conflitto: dipendenza energetica e di materie prime dall'estero, cattiva gestione delle risorse, ritardo e venalità della grande industria. E ciò che si rivelò dopo il 10 giugno fu anche peggiore: inabilità degli stati maggiori a concepire scenari moderni, miopia strategica, dispersione delle forze, inadeguatezza logistica, ridotta capacità operativa.

Precise responsabilità dall'alto, che molto spesso vanificarono il coraggio e l'abnegazione dei singoli. A questo proposito emerge un dato significativo: in Africa il rapporto di morti e feriti rispetto ai prigionieri, indice-chiave per risalire all'impegno in battaglia, fu pressappoco uguale per noi e per i tedeschi (un morto o ferito ogni tre prigionieri).

Mancò una guida seria, non il valore.

Ettore Botti