L’EUROPA NELL’IMMEDIATO DOPOGUERRA. LA GUERRA FREDDA.

Nel maggio del ’45, la fine del secondo conflitto mondiale, vede la Germania occupata, nella parte occidentale, dalle armate americane ed inglesi ed in quella orientale dalle armate sovietiche.

La capitale Berlino, che si trovava nella parte orientale, era divisa in quattro settori d’occupazione (USA, GB, FR ed URSS).

Durante gli anni del conflitto, le esigenze di coordinare gli sforzi militari contro il comune nemico, avevano fatto passare sotto silenzio le profonde divergenze che dividevano, sul piano politico ed economico, gli americani e gli inglesi, da un lato, e l’Unione Sovietica dall’altra.

Gli uni (USA e GB), ampiamente ispirati da una concezione di liberalismo e l’altra (URSS) fortemente orientata verso un internazionalismo proletario da conseguire non solo per via politica.

La fine del conflitto faceva emergere, ormai, tutte queste contraddizioni. Già nel ’46 il Premier inglese Winston Churchill denunciava che “una cortina di ferro era scesa da Stettino all’Adriatico a dividere l’Europa in due campi”.

Il più grande problema lasciato insoluto dalla guerra era il futuro della Germania occupata.

Ed era chiaro che da questo futuro dipendeva, in buona parte, anche il futuro dell’Europa. Un eventuale scivolamento della Germania nell’area comunista avrebbe significato la perdita dell’Europa.

Nel luglio del ’46, i governi inglese ed americano annunziavano l’intenzione di unificare le zone di rispettiva occupazione; era il primo passo per la creazione di un’economia tedesca occidentale separata da quella dell’Est. Il 1° gennaio ’47, nonostante le proteste sovietiche aveva luogo la fusione della zona inglese con quella americana.

Si profilava la “Politica di contenimento” elaborata dal Presidente Truman “per sostenere i popoli liberi che si oppongono ai tentativi di oppressione da parte di minoranze armate o di pressioni esterne”. Cominciava la “guerra fredda”; durerà fino al crollo del Muro di Berlino dell’89.

Accanto a questa politica di contenimento, gli americani sviluppavano anche una vigorosa azione di sostegno economico all’Europa con il famoso “Piano Marshall” (dal nome del Segretario di Stato = Ministro degli Esteri). Dottrina Truman e Piano Marshall furono i due pilastri (politico l’uno ed economico l’altro) con cui, in meno di due anni, gli americani costituirono il blocco occidentale.

Il terzo pilastro sarà il Patto atlantico.

Gli americani non ignoravano che i governi e l’opinione pubblica europea (soprattutto la Francia) che, per ben tre volte in 70 anni, avevano subito un’aggressione da parte tedesca, erano fortemente ostili e timorosi verso un recupero economico e politico tedesco, ad appena due anni dopo una guerra che aveva prodotto tanti lutti.  Le remore occidentali furono superate grazie alle garanzie offerte dagli USA; garanzie consistenti nel mantenere una forte presenza americana in Europa e nel sostenere la ricostruzione dell’economia europea. Insomma, dal ’42 al ’47, si verificava un completo ribaltamento della politica estera americana che passava dall’isolazionismo all’interventismo. Un’ulteriore garanzia era fornita dal fatto che il recupero della Germania doveva avvenire nel quadro di un’unificazione europea di cui gli americani diventano garanti e convinti sostenitori.

 

La guerra fredda rilanciava, quindi, la causa dell’unità europea, anche grazie alla identificazione fra europeismo ed atlantismo (cioè un’Europa non contrapposta agli Stati Uniti).

Venne ritrovata la spinta ideologica ed emotiva verso l’ideale di un’Europa unita. In tal senso vennero rinnovate le sollecitazioni di Winston Churchill a costituire gli “Stati Uniti d’Europa”, approfittando dello scudo e della protezione della bomba atomica fino a quando l’Occidente ne avesse detenuto il monopolio. Churchill suggeriva, quale “first practical step” la creazione di un Consiglio d’Europa.

Nacquero altri movimenti europeisti fra cui l’Unione parlamentare europea del conte Kalergi, tornato dagli USA ove si era rifugiato durante la guerra. In Italia, riprendeva vigore l’azione di Altiero Spinelli alla guida dell’MFE.

 

Il Congresso dell’Aja ed il Consiglio d’Europa. Federalisti, Unionisti e Funzionalisti.

Il primo grande momento di sintesi di tutti questi movimenti giungeva con il Congresso d’Europa che, patrocinato da Churchill, si svolse a L'Aja nel maggio del ’48. Vi parteciparono i maggiori statisti dell’Europa occidentale insieme ai più convinti propagandisti dell’idea federale. La grandi aspettative non si rispecchiarono completamente nella risoluzione finale che risultò un compromesso fra:

·        i Federalisti che volevano un’Assemblea eletta direttamente dai cittadini e con poteri costituenti;

·        gli Unionisti, secondo i quali l’Assemblea (i cui membri dovevano essere designati dai Parlamenti nazionali) si doveva limitare a suggerire misure pratiche per realizzare gradualmente l’unione politica.

 

Sul piano politico si scontrarono la Francia, apertamente federalista, e la Gran Bretagna che subordinava la politica europea ai rapporti privilegiati con gli USA.

Pur con queste inevitabili incongruenze di fondo, dal Congresso dell’Aja derivava il 5 maggio del ’49, l’Assemblea europea con la denominazione di Consiglio d’Europa. Vi parteciparono 10 Paesi (Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia). Ne era esclusa, ovviamente, la Germania.

Il Consiglio aveva il compito di discutere questioni di comune interesse e concludere accordi nei settori economico, sociale, culturale e scientifico. Era escluso il settore della Difesa nazionale.

Il Consiglio d’Europa era composto da un’Assemblea consultiva ed un Comitato dei Ministri, incaricato di elaborare le misure atte a realizzare gli scopi del Consiglio.

Il Comitato dei Ministri non era obbligato ad elaborare le misure indicate dall’Assemblea e ciò costituiva un primo segnale sul ruolo marginale assegnato al Consiglio d’Europa: un foro ove si discuteva senza poter decidere.

Emerse subito una questione che attraverserà, quale principale argomento di discussione e di dissenso, tutta la storia delle realizzazioni dell’Europa: quella della sovranità. Infatti:

·        i Federalisti chiedevano la rinuncia alla sovranità da parte dello Stato ed il suo progressivo declassamento a struttura regionale. Anche i settori della difesa, politica estera, politica monetaria e doganale dovevano essere gestiti a livello sovranazionale;

·        gli Unionisti (o Confederalisti), invece, erano orientati a mantenere lo Stato nella sua sovranità, con la facoltà di dissentire da azioni comuni non condivise (decisioni prese all’unanimità).

Proprio per superare questa situazione di stallo, emerse una terza via, quella del Funzionalismo, secondo cui l’integrazione era possibile solo se attuata con gradualità, per settori o per funzioni.

Ciò nella convinzione che questo processo graduale, ad un certo punto, avrebbe creato le condizioni per il pieno trasferimento di poteri politici ad un’autorità sovranazionale.

In sostanza, mentre i Federalisti vedevano l’autorità sovranazionale come momento iniziale e costituente del processo di integrazione, i Funzionalisti indicavano l’autorità sovranazionale come momento finale del citato progresso.

La differenza non era di metodo, ma di sostanza perché:

·        per i Federalisti, il motore primario del processo di integrazione era il popolo, attraverso la scelta elettorale dell’Assemblea sovranazionale;

·        per i Funzionalisti, il motore primario era costituito dai governi, liberi di aderire o meno ai settori od alle funzioni da integrare.

Alla luce delle successive esperienze, è possibile affermare che il metodo funzionalista presiederà a tutte le maggiori realizzazioni dell’unificazione europea.

 

L’America e l’Unione europea. La risposta sovietica.

Mentre era in corso questo dibattito ideologico, si sviluppava il Piano Marshall che riuscì ad avviare la ripresa economica dell’Europa anche se mancherà l’obiettivo secondario di integrare le economie europee; obiettivo che sarà realizzato solo con la creazione del Mercato comune.

Un ulteriore passo avanti per l’integrazione europea fu la creazione della organizzazione di difesa euro-americana, il Patto Atlantico. Il 4 aprile del ’49 dodici Stati firmarono il Patto Atlantico (USA, GB, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Islanda, Italia, Norvegia, Grecia e Turchia). Ne era esclusa la Germania.

Esso diventava lo strumento tangibile che legava l’Europa agli USA ed assumeva, soprattutto, una connotazione politica.

Ciò provocava la reazione dell’Unione Sovietica ed innescava quel processo mentale secondo cui ogni passo per l’integrazione europea sarà percepito da parte sovietica come un aumento della minaccia. Da ciò la politica sovietica che tendeva a favorire le divisioni in Europa.

L’immediata reazione sovietica fu, nello stesso anno ’49, la firma del COMECON, strumento con cui Mosca puntava ad integrare le economie dei Paesi satelliti.

 

La “riabilitazione” della Germania

Mentre erano in atto le attività per l’integrazione europea, nel mondo occidentale si poneva anche il problema della integrazione politica ed economica della Germania. Nel giugno del ’48 venne avviata un’amministrazione autonoma tedesca e si tennero le elezioni. Fu introdotto il nuovo marco. I sovietici reagirono con il blocco di Berlino (giu. ’48 – mag. ’49) risolto grazie al ponte aereo con cui gli alleati rifornirono i settori occidentali della capitale.

Venne approvata la nuova Costituzione della Germania (che assunse la denominazione di Germania Ovest), eletto il nuovo parlamento e costituito un nuovo Governo. La Germania riacquistava la dignità di Stato anche se ancora vincolato ad obblighi particolari.

Si poneva ora il problema del riarmo tedesco (proibito dalle condizioni del Trattato di pace).

Ciò creava un problema fondamentale per la Francia che ipotizzava di fondare la propria sicurezza su una condizione di inferiorità da parte della Germania. Le pretese della Francia erano per un’internazionalizzazione della Renania (la Ruhr) e per suo protettorato sulla Saar. Ciò allo scopo di sottrarre alla disponibilità tedesca le ingenti risorse siderurgiche di quelle zone. Queste pretese erano basate anche su accordi con USA e GB, raggiunti al termine della guerra. Proprio sulla base dei predetti accordi, nel dicembre del ’48 fu istituita un’Autorità internazionale della Ruhr (USA, GB, FR e Benelux) per distribuire la produzione tedesca di carbone ed acciaio.

Questa situazione di ostilità non poteva, tuttavia, essere sostenuta indefinitamente ed un nuovo orientamento nei riguardi della Germania maturo nella classe dirigente e nella opinione pubblica francesi. Ormai si riconosceva la necessità di un “Accordo storico” fra i due Paesi; accordo “diretto (secondo De Gaulle) o nel quadro della unione europea.