CONCLUSIONE

E’ stato percorso il lungo cammino dell’Unione Europea, dai recessi mitologici, all’elaborazione delle prime idee, alla realtà odierna. Un cammino di lunga, faticosa, sofferta ed animata elaborazione ideologica durata lunghi secoli, fino all’ultimo cinquantennio di impetuosa e, talvolta, contraddittoria realizzazione.

Oggi si può sicuramente affermare che dall’idea si è passati alla realtà; realtà bella, affascinante, sicuramente superiore ad ogni aspettativa. Ma occorre anche, serenamente, riconoscere che si tratta di una realtà incompiuta. Incompiuta perché l’unificazione non ha “assorbito” compiutamente alcuni importanti settori della vita politica quali la Politica Estera e di Sicurezza Comuni (PESC).

Di fronte a questa situazione viene da chiedersi: è questo, attuale, l’ultimo traguardo raggiungibile o è ancora possibile un ulteriore sforzo per completare felicemente questo lungo cammino?

 

Non vi è dubbio che il cammino debba essere completato, perché molti ed imponenti sono gli impegni che attendono l’Unione Europea sullo scenario internazionale.

Il nuovo Parlamento, votato proprio negli ultimi giorni ed allargato alla presenza dei rappresentati dei nuovi 10 paesi, avrà di fronte a sé il compito di amalgamare fra loro 25 Stati e di integrare nelle istituzioni, ma soprattutto nella mentalità, un variopinto mosaico di popoli e tradizioni.

Si impone più che mai l’obiettivo prioritario della ratifica finale di questa nuova Costituzione che, sia pure con i limiti indicati, costituisce adeguata cornice da offrire ai giovani ed ai vecchi Stati europei per ritrovare, tutti insieme, una Patria più grande.

L’Europa prima dei 6, poi dei 9, 12 e 15 è stata un’Europa della tecnocrazia; quella a 25 dovrà darsi anche la dimensione di una lucida cultura politica, specie con una politica estera comune, superando la contraddizione fra Parlamento sovranazionale e governi nazionali. 

A tal fine, di fronte alla nuova Unione Europea a 25 si pongono due problemi:

I problemi indicati sembrano distinti, ma, in realtà, essi sono strettamente interdipendenti.

 

Nell’attuale periodo storico di piena affermazione dei valori di libertà e democrazia e di crescente globalizzazione, un mondo unipolare, come quello attuale, in cui gli Stati Uniti d’America si propongono come l’unica superpotenza mondiale, è un mondo destinato all’instabilità.

Secoli fa, una situazione di questo tipo avrebbe potuto reggersi perché la forza della potenza dominante avrebbe dissuaso ogni tentativo di alterazione. Oggi, quei valori di democrazia. libertà e rispetto del diritto internazionale, propagati proprio dall’Europa, rendono non più accettabile un assetto unipolare specie sul piano politico, giuridico e culturale.

Inoltre, in un’era di grande espansione della potenza mediatica dei mezzi di comunicazione di massa, che hanno fatto sorgere e dato sempre più vigore a forme particolari di lotta come la guerra asimmetrica ed il terrorismo, un assetto unipolare non è più possibile sul piano pratico.

Forse, proprio l’assenza dell’Europa nelle grandi problematiche di politica internazionale, ha portato gli USA in questa posizione di isolamento.

Storicamente, occorre ricordare che, specie nell’intervallo fra le due guerre mondiali, gli Stati Uniti si sono rinchiusi in un isolazionismo che è stato riconosciuto come una delle cause dello scoppio del secondo conflitto mondiale. In quella circostanza si trattava di un “isolazionismo passivo”, cioè di un disinteresse nei riguardi delle problematiche politiche mondiali.

Oggi si assiste ad un fenomeno, per certi versi, analogo e di segno opposto. In sostanza, anche a causa dell’incapacità dell’Europa ad esprimersi con una sola voce sui grandi temi della Politica Estera e di Sicurezza Comune, gli Stati Uniti si sono trovati ad assumere un ruolo di “isolazionismo attivo”, cioè di un autonomo interventismo, in ciò favoriti o costretti anche dall’arcaico e paralizzante meccanismo decisionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).

 

Si impone quindi la necessità di un mondo multipolare od, almeno, bipolare.

In fondo, non occorre spingere la memoria molto indietro nel tempo per ricordare come al termine della 2^ guerra mondiale e fino alla caduta del Muro di Berlino, quel mondo bipolare basato sulla contrapposizione USA – URSS, ha, comunque, assicurato una sostanziale pace, anche se sullo sfondo del terrore nucleare.

Se, oggi od in un prossimo futuro, l’Europa fosse capace di trovare, strutturalmente e non occasionalmente, unità d’intenti e d’azione nelle problematiche della Politica Estera e di Sicurezza Comune, il mondo sarebbe di nuovo bipolare e si potrebbe schiudere un vero periodo di pace, senza alcuno scenario di terrore.

Il bipolarismo USA – URSS della seconda metà del ‘900 fu un bipolarismo di contrapposizione fra due modelli politici, culturali ed economici profondamente diversi. Il nuovo, auspicabile, bipolarismo USA – Europa, invece, sarebbe un bipolarismo collaborativo e sinergico sotto ogni profilo.

Alla “viscerale” sensibilità democratica americana, si accoppierebbe quella meditata e sofisticata dell’Europa. Ne risulterebbe un binomio perfetto, idoneo e capace di espandere nel mondo i valori fondanti della libertà, uguaglianza e fraternità.

 

Solo allora, l’Europa potrà completare il suo lungo, faticoso, ma stupendo cammino confermandosi l'organizzazione che nella Storia ha, con maggior successo, esportato valori, regole, istituzioni, civiltà.