ANCORA UN  LUTTO PER L’ITALIA

Un altro “ragazzo” ha dato la vita per il nostro Paese.

E’ un alpino, Matteo Miozzo, di Thiene.

 aveva scritto parole bellissime sul suo servizio in afghanistan.

sono parole stupende che andrebbero lettE a scuola ai giovani italiani per educarli a sentimenti nobili.

il 19° corso si inchina di fronte a questo soldato e gli rende gli onori come ad un eroe.

grazie, matteo!! grazie per il bellissimo esempio che dai atutti noi.

Di seguito due articoli apparsi sul “corriere della sera”.

Militare italiano ucciso in Afghanistan

Colpito da un cecchino mentre era di guardia a una torretta. La Russa: «Troppi lutti tra i nostri soldati»

Nella zona del Gulistan, dove operano gli alpini del 7/o reggimento di Belluno

Militare italiano ucciso in Afghanistan

Colpito da un cecchino mentre era di guardia a una torretta. La Russa: «Troppi lutti tra i nostri soldati»

Matteo Miotto (Ansa)

Matteo Miotto (Ansa)

MILANO - Un alpino italiano, Matteo Miotto, 24 anni, è morto oggi (31 dicembre 2010) in Afghanistan, centrato dal proiettile di un cecchino. E' accaduto nel Gulistan (provincia di Farah), nell'ovest del Paese, una delle zone più «calde» del settore affidato al controllo dei militari italiani, al confine con l'Helmand. Miotto, originario di Thiene, in provincia di Vicenza, era entrato negli alpini subito dopo la scuola, sull'esempio del nonno (leggi la lettera). Caporal maggiore nel 7° reggimento Alpini di Belluno dal 12 gennaio del 2009, era già in servizio nel 2008. E' stato colpito mentre si trovava all'interno della base di Buji, dove prestava servizio. Il proiettile è penetrato in prossimità della spalla, nella parte lasciata scoperta dal giubbetto, ed ha raggiunto organi vitali. Nonostante i soccorsi, immediati, non c'è stato niente da fare. I fatti sono avvenuti alle 15, ora locale. La sua salma tornerà in Italia il 2 gennaio. Nella stessa giornata è morto, sempre in Afghanistan, un altro militare della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato), a causa dello scoppio di un rudimentale ordigno in una provincia del sud.

IL REGGIMENTO DEGLI ALPINI - Nella zona, dal primo settembre, operano gli alpini del 7° reggimento di Belluno, che costituiscono l'ossatura della Task force south east, composta anche da militari di altri reparti. Il 4 ottobre scorso, proprio nella valle del Gulistan, si verificò l'imboscata in cui morirono altri quattro soldati italiani. L'area affidata al controllo degli alpini, denominata Box Tripoli, era un tempo sotto comando statunitense. In questi pochi mesi i militari italiani hanno portato avanti una serie di iniziative (tra cui quattro progetti di cooperazione civile-militare) con «notevole successo», come ha sottolineato solo qualche settimana fa il generale David Petraeus, comandante della missione Isaf in Afghanistan, in visita agli alpini del Gulistan.

«TROPPI LUTTI» - «Un altro lutto che arriva in un giorno che doveva essere di festa. Ci sono stati troppi lutti in Afghanistan tra i nostri soldati», ha detto ai giornalisti il ministro della difesa Ignazio La Russa, che annuncia di voler andare in Afghanistan subito dopo i funerali di Matteo Miotto. La Russa ha riferito: «Oltre che una tragedia è stato un fatto di grande sfortuna. Il militare era in una torretta di guardia, protetto da tutti gli accorgimenti, ma è stato colpito da un cecchino alla spalla, nella parte laterale non protetta. Il colpo è penetrato e ha leso organi vitali. Già nei giorni scorsi vi erano stati scambi di proiettili, che però non avevano avuto conseguenze». La Russa ha aggiunto che la tragedia di oggi non causerà cambiamenti nella strategia seguita finora, che ha permesso agli italiani di fare «molta strada in avanti in queste zone, dove oggi siamo presenti di continuo e non sporadicamente come in passato. Coloro che si oppongono sentono crescere la vicinanza della popolazione indigena ai nostri militari».

IL CORDOGLIO DI NAPOLITANO - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda commozione la notizia dell'attentato nel distretto di Gulistan in cui ha perso la vita un militare italiano, impegnato nella missione internazionale per la pace e la stabilità in Afghanistan, ha espresso i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari del caduto e al cordoglio delle Forze Armate. Anche i ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso il suo personale cordoglio e quello della Farnesina: «Quello odierno è in termini di tempo l'ultimo, carissimo contributo pagato dai nostri soldati nella loro encomiabile lotta contro il terrorismo internazionale, finalizzata a garantire pace e sicurezza al nostro Paese ed alla nostra società».

35 VITTIME - Con la morte di Matteo Miotto sale a trentacinque il numero degli italiani morti in Afghanistan, dall’inizio della missione nel 2004 (vedi scheda). Di questi, la maggioranza è rimasta vittima di attentati e scontri a fuoco, altri invece sono morti in incidenti, alcuni anche per malore ed uno si è suicidato. Sono 13 le vittime nell'anno 2010 (erano state 9 nel 2009).

 

 

 

il caporal maggiore ucciso in Afghanistan

«Hai visto nonno? Anch'io in guerra»

Il racconto di Matteo, alpino per tradizione di famiglia: «Arrivano i bambini, ci circondano, hanno fame»

il caporal maggiore ucciso in Afghanistan

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Il racconto di Matteo, alpino per tradizione di famiglia: «Arrivano i bambini, ci circondano, hanno fame»

La foto di Matteo Miotto con la «sua» bandiera (Ansa)

La foto di Matteo Miotto con la «sua» bandiera (Ansa)

MILANO - «Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi». Così Matteo Miotto, 24 anni, l'alpino ucciso in Afghanistan, raccontava la tensione delle perlustrazioni con il «Lince» nella valle del Gulistan in una toccante lettera pubblicata dal sito on line del Gazzettino, poche settimane dopo l'agguato in cui, il 9 ottobre, erano rimasti vittime quattro alpini del 7° reggimento di Belluno. «La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo - spiegava Matteo -, finalmente siamo alle porte del villaggio... Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame...». Nella lettera l'alpino, originario di Thiene, ringraziava in Italia quanti «vogliono ascoltare i militari in missione, e ci degnano del loro pensiero - proseguiva - solo in tristi occasioni, come quando il tricolore avvolge quattro alpini morti facendo il loro dovere». La missiva era stata accompagnata sul sito del quotidiano veneto da una foto di Matteo sulla torretta di un blindato, con in mano la «sua» bandiera tricolore con la scritta «Thiene» e le firme degli amici.

ALPINO COME IL NONNO - In un'intervista telefonica in occasione della festa del 4 novembre, Miotto aveva raccontato al Giornale di Vicenza: «Mi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerra, "bruta cosa bocia (ragazzo, ndr), beato ti che non te la vedarè mai". Ed eccomi qui, nella Valle del Gulistan, Afghanistan centrale. Se potessi ascoltarmi ti direi: "Visto, nonno, che te ti si sbajà"». «Sono entrato nel corpo degli alpini nel 2006 - aveva spiegato Miotto - appena terminate le scuole superiori, per fare un'esperienza, anche sulla scia dell'esempio di mio nonno, alpino anche lui. Poi mi sono appassionato al lavoro, ho sentito che potevo dare qualcosa e così sono rimasto. Appena ho saputo della missione ho dato la mia disponibilità e ora sono qui, nella valle del Gulistan». «Quando non siamo fuori in perlustrazione - aggiungeva - siamo nella base e possiamo chiamare a casa o utilizzare il pc. Ovviamente mi mancano la mia ragazza, gli amici, le mie montagne e i miei bar, ma sono convinto della scelta fatta. Ho con me un ricordo dell'Italia, una bandiera con le firme degli amici più stretti».